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“LA PERFUSIONE DEGLI ORGANI” di Matteo Ravaioli e Vanessa De Pace

  • apr 25 / 2018
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“LA PERFUSIONE DEGLI ORGANI” di Matteo Ravaioli e Vanessa De Pace

LA PERFUSIONE DEGLI ORGANI

 

Matteo Ravaioli, MD, PhD; Vanessa De Pace, MS.

Dipartimento delle Insufficienze d’organo e dei trapianti, U.O. Chirurgia Generale e dei Trapianti, Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola Malpighi, Via Massarenti 9, 40138 – Bologna, Italia

foto-perfusione

INTRODUZIONE

Ad oggi, il trapianto rappresenta la migliore opzione per il paziente affetto da insufficienza renale terminale e l’unico rimedio per sopperire ad un’alterata e compromessa funzionalità epatica. Questa strategia di cura è vittima del suo successo in virtù dell’inestinguibile discrepanza tra risorse d’organo disponibili e domanda.

I trapianti di fegato e rene eseguiti in Italia, da quanto emerge dal comunicato stampa del Centro Nazionale dei Trapianti del 17 gennaio 2018, sono in continua crescita: arrivando rispettivamente a 1304 interventi per trapianto di fegato contro i 1220 del 2016 e 2221 interventi per trapianto di rene contro i 2076 del 2016. Tale crescita è imputata all’incremento dell’attività donativa pari al 9% nel suo complesso [1].

Infine, in quest’ultimo anno raddoppia il numero delle donazioni e dei trapianti dai donatori a cuore fermo, una risorsa di recente impiego nel nostro Paese ma di elevata marginalità a causa dei 20 minuti di no-touch period richiesti dalla normativa italiana per l’accertamento di morte cardiaca, prima di procedere al prelievo. Nel 2017 sono stati registrati 55 accertamenti di morte per arresto cardiaco sono stati 55 (rispetto ai 21 del 2016) e utilizzando 32 donatori (contro i 14 del 2016) sono stati eseguiti 63 trapianti (rispetto ai 34 del 2016) [1].

Nonostante siano stati più di 10 al giorno i trapianti eseguiti in Italia nell’anno appena trascorso con percentuali di successo e di qualità tra le più alte in Europa, il numero dei pazienti in lista di attesa al 31/12/2017 è sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente (8743), ad eccezione di quelli in lista di attesa per trapianto di rene (6492 contro i 6842 del 2016) [1].

La scarsa disponibilità di organi da trapiantare rispetto alle reali necessità non viene colmata nonostante gli ottimi risultati che continuano a registrarsi. In aggiunta al trapianto da donatore vivente e nuove tecniche chirurgiche come il trapianto di fegato da split, l’uso degli organi marginali e di quelli scartati costituisce una reale possibilità per accrescere il pool dei donatori.

Un organo marginale comporta più rischi di quello proveniente da un donatore standard non garantendo risultati ottimali nella pratica trapiantologica. Tuttavia, l’uso di organi marginali migliora la sopravvivenza a lungo termine del paziente in lista di attesa riducendo il rischio di mortalità fino al 25% contro il 48% dei riceventi di organi ideali [2].

Gli organi marginali sono estremamente vulnerabili al danno da ischemia/riperfusione che ne condiziona la funzionalità post-trapianto. L’ischemia conduce a deplezione di ATP, passaggio al metabolismo anaerobio, acidificazione del pH intracellulare, inibizione di enzimi fondamentali per la sopravvivenza, rottura delle membrane cellulari con liberazione di radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno e, infine, morte cellulare per necrosi o apoptosi. Durante la riperfusione, il danno ossidativo viene amplificato per l’esaurimento dei sistemi antiossidanti con prevalenza dell’apoptosi sulla necrosi e richiamo di cellule infiammatorie [3].

Il danno da ischemia/riperfusione causa più del 10% di insuccessi nella pratica trapiantologica dovuti alla mancata ripresa di funzionalità del graft a cui aggiungere le complicanze di ritardata funzionalità dell’organo [4-5].

Minimizzando gli effetti avversi del danno da ischemia/riperfusione si riuscirebbe ad avere una migliore ripresa funzionale del graft e di conseguenza un aumento della sopravvivenza del ricevente e dello stesso organo. Sebbene il danno da ischemia/riperfusione nel trapianto non possa essere evitato, a causa della metodica stessa con cui gli organi vengono prelevati, assegnati e distribuiti, può essere tuttavia, limitato, grazie alla coordinazione dei vari centri trapianto, all’accorciamento dei tempi operatori e, soprattutto grazie ad avanzate tecniche di preservazione d’organo.

TECNICHE DI PRESERVAZIONE DEGLI ORGANI NELLA FASE PRE-TRAPIANTO

L’enorme successo del trapianto d’organo è dovuto principalmente alla scoperta di agenti immunosoppressori e allo sviluppo delle tecniche chirurgiche e di conservazione degli organi.

Il programma di trapianto è enormemente avvantaggiato dalla preservazione del graft consentendo il trasporto degli organi dalla sede del prelievo alla sala del trapianto, il miglior match donatore-ricevente e la preparazione del team chirurgico e del ricevente.

Il sistema standard per la preservazione degli organi dopo il prelievo è la conservazione statica in ipotermia.

La conservazione statica a freddo

La conservazione statica ipotermica è intesa come lavaggio e immersione dell’organo in una soluzione di preservazione a 4°C riducendo il metabolismo e le correlate richieste di ossigeno.

Gli organi così preservati possono essere conservati per un numero limitato di ore, al massimo 12h per il fegato e 24h per il rene e comunque sono sottoposti a un certo grado di danno che aumenta tanto più si prolunga il tempo di ischemia fredda [6].

La riduzione della capacità di generare energia, la produzione di radicali liberi dell’ossigeno, l’attivazione della cascata dell’acido arachidonico con produzione di trombossani e leucotrieni, l’apoptosi e l’inibizione di pompa ionica di membrana ATP dipendente sembrano essere i meccanismi di tale danno [7].

Questa tecnica di conservazione, seppur è la più comunemente usata, non è raccomandabile per gli organi marginali a causa dell’elevato rischio di mancata/ritardata ripresa della funzionalità che ne consegue.

Pertanto, differenti strategie di preservazione basate sulla perfusione degli organi ex vivo sono state sviluppate e applicate in modelli animali ed in ambito pre-clinico e clinico per impedire un deterioramento degli organi marginali e migliorare la loro resa funzionale [8] e per recuperare gli organi impropriamente scartati [9-11]. Numerosi studi supportano e raccomandano l’utilizzo della perfusione ipotermica ossigenata e della perfusione normotermica [8].

La preservazione dinamica continua

Altro sistema di preservazione d’organo è invece la perfusione continua con utilizzo della Machine Perfusion. Già nel 1967 Belzer e altri dimostrarono come si può conservare il rene fino a tre giorni attraverso questo sistema utilizzando come liquido di perfusione un crio precipitato di plasma [12].

Nel 1970 sempre Belzer descrisse per primo una macchina di perfusione epatica ipotermica che prevedeva una duplice via di perfusione (portale e arteriosa). I risultati furono soddisfacenti per periodi di perfusione di 8-10 ore, ma quando il tempo di perfusione superava le 24 ore solo 2 animali su 12 sopravvissero [13]. La barriera delle 24 ore fu per la prima volta superata nel 1973 da Petrie e collaboratori che idearono un sistema di perfusione portale e arteriosa ipotermica utilizzando plasma ossigenato con aggiunta di steroidi in esperimenti condotti sul cane [14]. Nel 1980 Kamada propose l’aggiunta di un’emulsione di fluorocarbone come trasportatore di ossigeno in trapianti d’organo eseguiti sui ratti. Gli animali così trattati sopravvissero più a lungo rispetto ai gruppi di controllo che non prevedevano l’aggiunta dell’emulsione di fluorocarbone. Questi ultimi risultati furono estremamente incoraggianti e dimostrarono che la perfusione e l’ossigenazione continua fornisce un continuo supporto di substrati energetici vitali per la cellula [15].

La perfusione normotermica

Il sistema sperimentale basato sulla perfusione normotermica di fegato o rene con sangue ossigenato ricostituisce i livelli di ATP, riduce le lesioni, migliora la qualità del graft dal punto di vista clinico riducendo sia i casi di mancata che di ritardata ripresa della funzionalità, consente un ulteriore valutazione della funzionalità dell’organo nella fase pre-trapianto [16-20].

Il principio di conservazione normotermica (35-37°C) si basa sulla riduzione del danno cellulare da anossia/ipossia. La perfusione normotermica riattiva i normali processi cellulari mantenendo l’organo metabolicamente attivo, prevenendo il danno associato alle basse temperature, promuovendo il riparo fisiologico dell’organo dopo il danno cellulare ischemico [16, 21-23] mediante l’uso di sangue ossigenato e suoi surrogati in associazione a nutrienti.

Numerosi studi sperimentali su modelli animali di suino e ratto prima e recentemente studi clinici hanno evidenziato il potenziale vantaggio nella fase pre-trapianto della perfusione normotermica.

La perfusione ipotermica ossigenata

Il sistema sperimentale basato sulla perfusione ipotermica dell’organo con una soluzione di conservazione migliora la qualità del graft dal punto di vista clinico ed è particolarmente efficace nel diminuire sia i casi di mancata che di ritardata ripresa della funzionalità nel trapianto d’organo [24]. Il principio di conservazione ipotermica fredda si basa sulla riduzione della temperatura per ridurre il metabolismo energetico. Tuttavia, l’attività metabolica in condizioni di ipotermia persiste e la richiesta di ossigeno rimane intorno al 10% circa. Pertanto, l’ipossia, continua ad essere una principale fonte di danno e l’uso dell’ossigeno durante la perfusione ipotermica risulta vantaggioso. L’ossigeno può essere particolarmente utile alle cellule endoteliali, le quali sono vulnerabili all’anossia che è responsabile del loro rigonfiamento e di conseguenza del cosiddetto fenomeno no-reflow. Questo effetto può spiegare la compromissione vascolare osservata nei casi di preservazione d’organo con conservazione statica standard [25-26].

Nel nostro centro trapianti, è stato eseguito un progetto per lo sviluppo di una macchina per la perfusione degli organi. Differenti strategie di preservazione su organi umani scartati, quali fegato (dati non pubblicati) e rene, sono state sperimentate attraverso l’applicazione della perfusione continua e/o della ossigenazione in normobarismo o iperbarismo in condizioni ipotermiche. Sebbene fossero organi marginali sottoposti a prolungati tempi di ischemia, i livelli di ATP per il ripristino del metabolismo energetico renale sono risultati significativamente incrementati in seguito all’applicazione della concomitante perfusione dinamica e dell’ossigenazione continua, sia in normobarismo chè in iperbarismo [27].

A fronte dei risultati ottenuti a vantaggio di tale metodica in aggiunta a quelli già pubblicati, abbiamo avviato uno studio clinico di sicurezza ed efficacia sull’applicazione della perfusione ipotermica ossigenata per organi marginali nel trapianto di fegato e rene mediante l’uso del dispositivo di perfusione d’organo sviluppato dal precedente studio (ClinicalTrials.gov ID: NCT03031067, dati complessivi in pubblicazione) [28]. Nessun evento di mancata ripresa funzionale dell’organo è stato registrato e la ritardata funzionalità dell’organo è stata pari al 0% per il trapianto di fegato e 20% per quello di rene. La sopravvivenza degli organi e dei riceventi è confermata per tutti i casi inclusi nello studio.

Ad oggi, i dati disponibili in letteratura e quelli sviluppati dalla nostra esperienza preliminare supportano fortemente l’uso di questa metodica di preservazione d’organo nella fase pre-impianto degli organi marginali.

CONCLUSIONI

Numerosi gruppi di ricerca a livello internazionale e nazionale raccomandano la preservazione dinamica e l’ossigenazione continua degli organi provenienti da donatori ad elevato rischio. Sebbene siano stati raggiunti risultati incoraggianti, è richiesta la validazione clinica ad ampio spettro di tali metodiche prima della loro applicazione nel normale percorso clinico-assistenziale. Per tali ragioni sono richiesti trials clinici con l’obiettivo di concretizzare gli effetti associati all’uso della perfusione e ossigenazione dell’organo nelle differenti condizioni di temperatura possibili in studio.

A breve, sarà avviato uno studio clinico randomizzato promosso dal nostro centro e finanziato dalla Ricerca Finalizzata 2016 (RF-2016-02364732). Nel progetto in questione saranno anzitutto valutati gli effetti della perfusione ipotermica ossigenata in comparazione alla conservazione statica standard nel trapianto di fegato e rene provenienti da donatore marginale con l’intento di migliorare la ripresa funzionale del graft e l’outcome post-operatorio del ricevente. Simultaneamente, sarà ottimizzato il protocollo di perfusione normotermica su organi impropriamente scartati e saranno elaborati i criteri di valutazione della vitalità dell’organo per definire il reale stato di recupero. Di seguito, la perfusione normotermica sarà applicata su organi scartati e qualora il loro stato di ripresa funzionale risulti favorevole sarà decretata l’idoneità al trapianto.

Queste innovative metodiche di preservazione d’organo potranno essere applicate a seconda del grado di danno del graft con differenti finalità: migliorare l’outcome post-operatorio dei riceventi di organi marginali e incrementare il numero dei trapianti di rene e fegato con il recupero degli organi scartati.


 

 

BIBLIOGRAFIA

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